Lettera dalla Svezia

Ecco una bella testimonianza di quello che avviene all’estero per quanto riguarda il rapporto tra Università e studenti… certo se ne può fare una questione di soldi, di certo in Svezia non hanno Gelmini e Tremonti, ma non è solo questa la differenza, è una questione di mentalità:

Come ogni studente erasmus, nei primi giorni ho guardato con occhi stupiti l’università ospite. Dopo tre settimane pensavo di essermi abituata: la bellezza del posto mi stava diventando familiare.

Invece oggi, scattando queste foto, mi è tornato l’entusiasmo del primo giorno – perché questa università è fatta per lo studente. Sì, per LO studente, non “per GLI studenti”: perché è il singolo, qui, a sentirsi accolto, invitato a VIVERE nella propria università.

Lo studente non è di passaggio, non è uno dei tanti che affollano le aule e allungano la coda per la mensa e si dileguano al termine delle lezioni per tornare alla propria residenza a studiare perché non hanno altro posto dove andare.

Alcuni dettagli:


  • capita che alla lezione delle 8 in aula si trovi un carrellino con caffè, latte e qualche muffin
  • i bagni, singoli e presenti ogni due passi, comuni a uomini e donne, sono puliti tanto la mattina quanto la sera
  • si può entrare in università a qualsiasi ora del giorno e della notte: le porte girevoli vengono aperte la mattina e chiuse alle 5 del pomeriggio, ma l’accesso è permesso mediante badge
  • ogni aula può essere utilizzata per studiare senza bisogno di prenotare (tranne durante l’orario di lezione)
  • esistono interi corridoi costellati di aule studio, aule per la discussione, aule per la produzione di presentazioni
  • un corridoio di aule studio prenotabili dal sito dell’università si trova all’interno della biblioteca
  • nessuno spazio rimane inutilizzato: c’è sempre almeno un tavolino per potersi sedere, mangiare, studiare o semplicemente chiacchierare
  • degli studenti per gli studenti sono la caffetteria in biblioteca, la caffetteria nell’edificio studentesco e l’edificio stesso (dove vengono venduti quaderni, felpe, borse, biglietti per gli eventi organizzati dalle associazioni studentesche, e vengono raccolti e venduti i libri usati), nonché un locale, Akademian, a qualche centinaio di metri dall’università; l’università inoltre sponsorizza le associazioni studentesche (simil- JEst, almeno 5 uffici, e soprattutto la Student Union, rappresentanti degli studenti e organizzatori di eventi)
  • la mensa è di dimensioni piuttosto ridotte perché gli studenti sono incoraggiati a risparmiare portandosi il pranzo da casa: è possibile conservarlo in frigorifero (6 alla scuola di ingegneria) e riscaldarlo in microonde (15 alla scuola di ingegneria); il tempo di attesa in coda non supera i 10 – 15 minuti
  • laboratori di informatica sono presenti su ogni piano di ciascun edificio; in ogni angolo e ogni 5 metri di corridoio, inoltre, si trova un computer – ai computer si accede mediante login e password
  • è possibile stampare dai computer dell’università o dal proprio portatile: una volta lanciata la stampa è sufficiente autenticarsi su una delle stampanti (ve n’è una ad ogni angolo, se ne contano almeno 10 in ciascun edificio) e recuperare la stampa; l’università fornisce a ciascuno studente un conto con 50 SEK (circa 5 euro) che permette di stampare 100 facciate fronte-retro, poi lo studente deposita quanto necessario attraverso una banca online

Ci sarebbero molti altri esempi da fare, molto da raccontare sulle aule, sulla biblioteca, su quanto spazio sia stato ricavato perché gli studenti possano stare in università e godere di ogni secondo speso all’interno di essa.

L’elemento interessante in questa mia esperienza, però, non è il ritratto desolante dell’Università di Padova in confronto. Il numero di studenti è diverso, le risorse sono diverse, il contesto politico e sociale (purtroppo) è diverso. No, quello che è interessante è altro: la mentalità.

Interessanti sono i docenti che danno del tu e non per questo manca il rispetto. Interessante è ricevere una mail in cui viene chiesto di partecipare alla valutazione della qualità (in cambio di punti per lo studio all’estero). Interessante è ottenere una risposta ad ogni domanda (in tempi brevi), ascolto di ciascuna opinione, considerazione di ogni proposta.

Interessante è questa mentalità che guarda allo studente come qualcosa su cui investire. Ma investire cosa? Soldi? Sì, naturalmente, ma non solo. Ciò che l’università investe sullo studente è l’energia di chi nell’università ci lavora, dall’addetto alla mensa al rettore. E questa energia va in una sola direzione: quella che porta lo studente a stare il meglio possibile nella sua università, perché solo così potrà studiare con profitto, godere del tempo speso e della fatica fatta e rendere migliore il proprio paese.

Per questo guardo con dispiacere a ciò che succede a Padova in questi giorni: sono costretta a chiedermi in che direzione va l’energia preziosa di chi lavora per l’università. Se non va verso gli studenti – anzi, LO studente – allora è energia sprecata, buttata al vento. Perché ciò non succeda non c’è che una soluzione: ascoltare gli studenti, ascoltarli, ascoltarli.

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